The End Of Six Thousand Years – Perpetuum
L’unico problema è che non sono nativi di Umeå o Göteborg, altrimenti si parlerebbe dei The End Of Six Thousand Years come di uno dei gruppi più interessanti del panorama post/metal internazionale. Le radici invece sono sparse in tutta Italia, e anche solo di contratto discografico non se ne parla proprio. Poco male, la qualità che traspare da Perpetuum va oltre l’hype e i riconoscimenti economici. Rispetto all’esordio Isolation lo scarto qualitativo è notevole: i brani sono più fluidi, dinamici, la furia belluina è inserita in un contesto maggiormente ragionato che dona al sound complessivo sfumature di maturità. I numi tutelari del gruppo sono sempre At The Gates, Buried Inside e Cult Of Luna, ma stavolta gli autori di Salvation appaiono come l’influenza preponderante, e in generale tutta la scena post-metal “dilatato” sembra aver giocato un ruolo cruciale durante la stesura del disco. L’uno-due conclusivo Gemini-Eridanus è esemplificativo di questo cambio di rotta, alternando i consueti bagni di fuoco a passaggi strumentali struggenti. Forse un indizio riguardo future evoluzioni soniche, avvenire che se si manterrà su questi standard sarà sicuramente luminoso.
A.
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